Mathilde e Thibault non si conoscono,non si sono mai visti. Eppure sono molto simili.
Entrambi vivono a Parigi, fanno un lavoro che amano, vivono i ritmi frenetici imposti dalla grande città, assorbiti dalla vita caotica della metropoli. Ma entrambi nell’ultimo periodo della loro vita tutte le mattine si svegliano con la chiara sensazione di fallimento, con il pensiero fisso di ” non ce la farò.”
Mathilde lavora nel dipartimento marketing di una grande azienda, è brava,competente,ha spirito d’iniziativa, è partita da zero,ha imparato tutto sul campo. Il lavoro è stata la sua ancora di salvezza, con cui ha iniziato a superare il dramma della morte del marito, è stato il mezzo con cui Mathilde ha ripreso in mano la sua vita,per lei e per i suoi tre figli. Ma da nove mesi il luogo di lavoro è diventato un inferno. Il suo capo, Jacques,l’uomo che le aveva insegnato tutto,il suo mentore,con cui aveva instaurato un rapporto di fiducia e di collaborazione, ha iniziato a poco alla volta a metterla da parte,a isolarla, a farla sentire inadeguata,non più in linea con le idee aziendali.
E Mathilde non capisce il perchè , questa situazione assurda e senza senso la tiene sveglia tutte le notti. Si sente svuotata,priva di aspettative, è come se non sapesse più chi è. D’un tratto ha smesso di essere una professionista stimata, con una vita lavorativa piena di soddisfazioni, per trasformarsi in una dipendente qualunque,confinata in un ufficio vicino la toilette, privata delle sue mansioni,che tutte le mattine si trascina in ufficio senza scopi.
Thibault ha quarant’anni e fa il medico. Sognava di fare il chirurgo,ma un incidente gli ha provocato una menomazione alla mano, e così lavora alle “Urgences médicales”, ovvero fa visite a domicilio, assistendo pazienti con problemi non gravi,spostandosi con un’utilitaria da una parte all’altra della città. Esce dall’ennesima storia sbagliata, Thibault finisce sempre per innamorarsi di donne che non lo ricambiano, inizia una nuova storia pensando che quella volta sarà diverso, e invece puntualmente si ritrova al punto di partenza: solo.
Il sogno di Thibault è quello di essere corrisposto, di trovare una donna che lo ami sinceramente per quello che è, che non abbia paura delle sue fragilità.
Mathilde e Thibault vivono un momento di solitudine, entrambi si trovano in una fase della vita in cui vorrebbero scomparire,perché sentono di non avere più le forze per lottare, ma restano a galla, a fatica si aggrappano a qualcosa, Mathilde ai suoi figli e Thibault al suo lavoro.
Con una prosa scarna,fatta di frasi brevi, Delphine de Vigan riesce a trascinare il lettore nelle vite e negli stati d’animo dei due protagonisti, per i quali è impossibile non provare empatia.
A fare da sfondo a queste solitudini parallele c’è la metropoli, con il suo caos,il suo brulicare di vite complesse, con le sue luci e ombre,con i suoi rumori assordanti,che coprono gli stati d’animo degli ignari cittadini, che tutti i giorni si affrettano per prendere un treno,per andare a lavoro,per correre a casa dalla famiglia. Una città che dà tante possibilità ma che il più delle volte soffoca o fa sentire spaesati e inadeguati. L’autrice,in modo sottile,fa una critica della società moderna, tratta l’argomento del mobbing, senza retorica, traccia un quadro molto realistico sulla situazione che i dipendenti,soprattutto delle grandi aziende, vivono, e che spesso non sanno affrontare, con tutte le conseguenze spesso tragiche che ne conseguono.
Mathilde e Thibault sono due esempi di esistenze al limite, di persone disperate, ma come scrive l’autrice “le persone disperate non s’incontrano. Al cinema, forse. Nella vita vera s’incrociano,si sfiorano, si urtano. Il più delle volte si respingono,come i poli identici di due calamite.”